Io sono sempre stata dell'opinione che il meccanismo della letto scrittura vada prima appreso e consolidato in lingua madre e poi esteso ad altri codici comunicativi.
Il motivo è facilmente intuibile, la ricchezza del lessico e la perfetta conoscenza dei suoni, sono di enorme aiuto per il bambino per il riconoscimento dei fonemi prima e delle parole poi. L'italiano poi ha anche il vantaggio della trasparenza e quindi della facile memorizzazione dei gruppi sillabici.
Voglio qui togliere ogni dubbio, i miei figli non sono bilingue, men che mai trilingue e mai potranno diventarlo. Hanno ormai una buona conoscenza delle due lingue praticate e un'ottima comprensione ma niente a che vedere con la padronanza della lingua madre che è, e sempre sarà, l'italiano.
Una lingua non è solo vocabolario ma anche veicolo di emozioni e substrato culturale, cose che non possono essere mediate solo da un'au pair, per quanto valida.
In virtù di queste considerazioni ho aspettato che il Vic leggesse in modo fluido in italiano prima di proporre l'approccio con il francese e abbiamo quindi iniziato questa estate.
Anche in francese si inizia con le sillabe ma bisogna conoscere le regole di fonetica.
Mi sono allora procurata un libro di esercizi sulle sillabe: "Mon grand cahier des syllabes" Edizioni Beaumont. Si tratta di un classico eserciziario dove i diversi fonemi sono inseriti in parole e brevi frasi. Il bambino deve riconoscere, leggere e ricopiare. Il lavoro è indubbiamente noioso ma essenziale per una buona acquisizione delle regole di pronuncia.
Il Vic ha iniziato il libro con la Numero Nove e lo sta finendo di completare ora.
Eccolo, ripreso nell'adempimento dei suoi compiti, con l'allegria dello schiavo alla galera.
Altro mito da sfatare, l'apprendimento non può essere solo facile, piacevole e spontaneo. Per avere risultati ci vuole molta applicazione. Inspiration and perspiration insomma.
Me ne sto accorgendo appieno con il mio granitico secondogenito, molto meno propenso della sorella ad accollarsi compiti aggiuntivi oltre a quelli istituzionali delle vacanze.
So che un giorno me la farà pagare, probabilmente abbandonandomi in un qualche ospizio di una landa inospitale e, soprattutto, di lingua a me sconosciuta.
Per consolidare le acquisizioni, senza tormentare ulteriormente la progenie, in occasione del compleanno del Vic, oltre alla tonnellata di playmobil d'ordinanza, abbiamo anche comperato un gioco didattico con cui dovremmo allietare le lunghe e assolate ore oziose.
Dico dovremmo perché il biondino, solo a vedere la scatola, va in deliquio. Meno male che ci sono i suoi fratelli che lo sfruttano.
I miei figli chiaramente rifuggono la versione tradizionale del gioco in cui si estraggono ordinatamente le tesserine per cercare, con calma e pazienza, i giusti abbinamenti. Ecco, loro prediligono un approccio un tantinello più dinamico.
In estrema sintesi rovesciano il tutto sul tavolo,urlano a gran voce i nomi e si contendono i pezzi a mazzate. Va detto però che si insultano in francese.
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