mercoledì 1 aprile 2015

I dolori della giovane prof.

In queste lunghe settimane di assenza in molti mi avete chiesto notizie e informazioni.
Grazie veramente, ho percepito un grande interessamento condito da molto affetto.
I miei lettori non sono forse moltissimi (comunque ben di più di quelli dichiarati dal Manzoni, mica cotiche) ma sono impagabili.
Mettetevi dunque comodi che la prof vi ragguaglierà  sugli ultimi suoi guai.
Come sapete questo è stato l'anno del PAS. Ho già un'abilitazione ma, per avere maggiori possibilità lavorative, ho deciso di conseguirne un'altra seguendo lo speciale percorso riservato a chi si trova già  dentro la scuola. In due mesi ho dovuto preparare la bellezza di quindici esami (all'università in ...ehm quattro anni moooolto abbondanti ne ho dati 20!), praticamente una full immersion letteraria e pedagogica.
I primi mesi dell'anno scolastico sono dunque passati lietamente  sui sonetti del Petrarca e le loro geometrie, sulle fonti storiche, sulla lingua usata dal Verga, sulle poesie di Montale, sui passi di Metastasio, sulla Colonna infame, sulle eresie medievali e sulla didattica per competenze.
La mia assenza però non è stata solo per motivi di studio.
Qui sarà bene fare un salto indietro.
Quest'anno insegno in una scuola sita nel centro di Torino (cosa che per noi periferici è già, di per sé, sinonimo di iattura). In una bella mattinata di Ottobre (il 15 per la precisione) mentre  ero ferma al semaforo rosso, da brava e rispettosa cittadina ed automobilista quale sono, un gentiluomo in Suv mi  ha tamponato asfaltando la mia povera, vetusta Punto.
Dopo  l'urto mi recavo celermente al pronto soccorso ove mi veniva diagnosticata  una distorsione  rachide cervicale, guaribile con una decina di giorni di riposo e l'onnipotente collare (fornitomi sul posto). A dirla proprio tutta vedevo sul volto di medici e paramedici, il consueto sorrisino derisorio che accompagna tipicamente le richieste dei prof (notoriamente alla perenne e affannosa ricerca di ulteriori giorni di ozio e vacanze oltre a quelli già elargiti a piene mani dall'amministrazione ).
Laprof è quindi tornata a casa contusa e parzialmente immobilizzata, ha telefonato a scuola e colleghi per ragguagliarli circa le ultime novità e si è disposta, con animo sereno e paziente, al  periodo di convalescenza necessario per la sua completa guarigione.
L'evento , incredibilmente, ricadeva sotto la voce "infortunio in itinere '", circostanza  che, secondo amici e colleghi, avrebbe dovuto garantirmi una Bengodi di vantaggi e risarcimenti mentre , a mio personalissimo parere, ha generato una serie di rogne e sbattimenti manco ipotizzabili (risarcimenti niet).
Dopo pochi giorni ho cominciato ad avere alcuni fastidiosi dolori al petto e un lieve affanno respiratorio.
Al nono giorno, alla visita INAIL di controllo, segnalavo questo mio malessere ottenendone in cambio oltre che i consueti sguardi di sufficienza, altri quattro giorni di riposo con vaghe allusioni a una possibile micro frattura di una costola.
Per meglio chiarire il concetto, al termine della visita, salutandomi, il solerte medico, mi intima di non sfruttare l'ulteriore periodo di convalescenza ESTORTOGLI, per lavare vetri, tende e tappezzerie dei divani (ehm caro dottore, tra l'altro, tu non sai con chi stavi parlando....)
Confortata quindi da questa ulteriore diagnosi mi riaccingo, con animo sereno e paziente a completare il mio periodo di immeritato riposo.
Peccato che, nel corso della seconda notte, mi manchi completamente il respiro e avverta dolori sempre più lancinanti al petto.
La mattina, ormai rantolante, decido di andare in ospedale.
Mi dirigo verso il San Luigi ma, all'arrivo, mi rendo conto che in alcun  modo riuscirò a percorrere la lunga scalinata che mi separa dall'entrata del Pronto Soccorso (eggià, sono andata tutta sola).
Viro dunque verso l'ospedale di Rivoli, completamente in pianura e, passato il triage ed ottenuto un codice verde, aspetto la visita.
Lo scenario è quello consueto e il trattamento pure.
"Si metta lì... aspetti là... languisca un due orette qui... fissi il muro qua...."
Nelle tre ore in cui aspetto l'evolversi degli eventi mi viene pigramente fatta un esame del sangue.
Ma improvvisamente...COLPO DI SCENA!
Un urgentologo (ignoravo esistesse siffatta specialità, pare una roba da E.R o al limite una laurea di Pico De Paperis) suggerisce, per scrupolo, di fare una angioTC e la musica cambia radicalmente.
Vengo magicamente catapultata in un altro ospedale (ve lo assicuro, l'impressione è quella).
Ho medici e paramedici che piovono pure dal soffitto, tutti solerti, gentilissimi e preoccupati.
Ebbene sì, dopo il referto sono passata al codice rosso (mai provata l'ebbrezza prima).
Ho un'embolia polmonare  e un principio di infarto (sempre polmonare).
Mi ricoverano prontamente ma, vista la penuria di posti in reparto, resterò ben quattro giorni spiaggiata in un'angusta saletta del Pronto Soccorso distesa su una microscopica barella (tra l'altro molto adatta per chi abbia problemi respiratori).
Dopo due settimane di ricovero con ossigeno uscirò trionfalmente, debole, assai acciaccata ma ancora viva e ruggente.
Insomma, assenza giustificata!