Da quando ospitiamo au pair anglofone ho sempre chiesto alle scuole, elementare e d'infanzia , frequentate dai bimbastri, se volevano riservare un piccolo spazio alle ragazze, per qualche ora, in modo da permettere a tutti i bambini di familiarizzare con le diverse pronunce dell'inglese.
Devo dire di aver sempre trovato molte resistenze, alla scuola d'infanzia addirittura non mi hanno mai risposto (ho poi saputo da un'altra mamma, evidentemente più addentro, che l'ipotesi non era stata neanche vagliata per non dover ampliare i termini assicurativi).
Alle elementari ci eravamo andati vicino, quando soggiornava presso di noi la ragazza sudafricana con doppio passaporto (italiano). La maestra si disse convinta che avere la cittadinanza italiana avrebbe potuto agevolare le varie pratiche burocratiche e fece domanda al dirigente scolastico. La cosa però non andò in porto. Fu praticamente l'unica esperienza negativa con un'au pair, la labile fanciulla disparve furtivamente nel cuore della notte e con lei l'opportunità per i bimbi di fare un po' di conversazione in inglese.
Questa volta, confidando nella disponibilità della Numero Sette e nel suo ottimo carattere, ho nuovamente sciorinato la proposta nel corso di un consiglio di classe.
Sono rimasta stupefatta dalle reazioni degli altri genitori, erano i primi a porre difficoltà su difficoltà: "A scuola non può entrare nessuno che non sia un insegnante" (certo, infatti noi siamo qua, incastrati in banchetti alti 80 cm in virtù dei nostri meriti accademici) "Ci vuole un'assicurazione costosissima che costerà qualche centinaio di euro (ellapeppa, non contavo di farle praticare sport aerei nel corridoio della scuola elementare Duchessa Anna D'Aosta). E se cadesse? E se si fulminasse? Se avesse un ictus, un infarto? (faccio presente che l'inglesina ha 18 anni ed è bianca, rosea e in perfetta salute).
Insomma a volte siamo i primi ad adagiarci supinamente e a cullarci nel "Non si può".
Come sapete però io sono un martello pneumatico a forma di donna per cui sono riuscita ad estorcere, al maestro di italiano e inglese della classe, il permesso di inoltrare al dirigente scolastico la richiesta per permettere alla N7 di assistere(a titolo gratuito per Domineddio!)alle lezioni in lingua inglese.
Nonostante tutti i nefasti vaticini, l'autorizzazione è arrivata e, bisogna dire, neanche in tempi lunghissimi.
La Number Seven ha pertanto iniziato la sua carriera di english teacher.
Il Vic stamattina era eccitatissimo, comntinuava a saltellare urlando "La Numero setteeeeeeeeeeeeeeee oggi verrà alla mia scuola, così pure i miei compagni impareranno l'inglese"(temo che questa affermazione, lungi dall'essere uno slancio di generosa condivisione, rivelasse un fondo di felice sadismo nel vedere pure gli altri impegnati nella faticosa attività della conversation).
Oggi quindi, nelle ore pomeridiane, la classe prima A ha potuto beneficiare di quella che è, a mio parere, una spendida opportunità.
La N7 è tornata a casa felicissima riportando l'entusiasmo e l'affetto dei piccoli.
Ha riferito di aver fatto alcuni dialoghi di saluto e presentazione e di aver letto in classe, la grande passione letteraria del Vic, una serie di libricini di Nick Sharrat in rima: "A Croc with a clock", "A giraffe in a scarf", "A bear with a pear""A Kangaroo in a canoe".
Insomma con un minimo di faccia tosta spesso si ottiene molto...
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